Questa tendenza evidenzia una trasformazione nei comportamenti di donazione, dove la fiducia e il contatto diretto con chi riceve l’aiuto sembrano guadagnare terreno. Si riconferma l’importanza della relazione e delle reciprocità nell’atto di donare.
Il profilo del donatore italiano
Il rapporto traccia anche un profilo chiaro del donatore tipo: si tratta prevalentemente di donne tra i 45 e i 74 anni, con una particolare concentrazione nella fascia d’età compresa tra i 60 e i 74 anni; la maggior parte dei donatori risiede al Nord Italia. Un dato importante riguarda il livello di istruzione: chi possiede un titolo di studio più alto tende a donare di più.
Questo dato è significativo perché ci indica quanto sia cruciale per creare i donatori del futuro investire in istruzione e cultura intesa anche come cultura del dono: l’aumento delle competenze e delle conoscenze rende le persone più consapevoli dell’importanza del dono e dell’impatto che esso può avere sulla società. Significativa in questo senso l’iniziativa lanciata in occasione del Giorno del Dono 2024 da Forum del Terzo Settore e Istituto Italiano della Donazione dal titolo “Donare fa bene (se lo fai bene)”, con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini, privati o aziende, sull’importanza di donare in modo consapevole e responsabile.
Il calo del volontariato
Anche il mondo del volontariato ha subito una contrazione negli ultimi anni, con un calo importante negli ultimi anni: tra il 2015 e il 2021, l’Italia ha perso quasi un milione di volontari. Anche in questo caso, il profilo del volontario rispecchia quello del donatore: sono principalmente uomini con un alto livello di istruzione, impegnati soprattutto in ambiti legati allo sport, alle attività ricreative e culturali.
Caso Pandoro Gate
Uno spazio particolare nell’indagine di quest’anno è stato dedicato alla misurazione dell’impatto del caso Ferragni/Balocco sull’andamento sia sulla raccolta fondi da privati che da aziende: a sorpresa solo il 5% delle organizzazioni non profit a metà 2024 dichiara di aver avuto conseguenze negative sulla propria raccolta fondi. Più di tre su quattro affermano al contrario che il caso Ferragni non ha lasciato tracce e che i donatori fedeli sono rimasti. Le aziende, in particolare, non si sono tirate indietro e il temuto crollo del corporate fundraising non c’è stato a testimonianza che negli anni il Terzo Settore è stato in grado di costruire una relazione di fiducia con i propri sostenitori, anche attraverso un uso sempre più consapevole strumenti di comunicazione e rendicontazione trasparente.
Aziende
Le aziende vedono come valore aggiunto la collaborazione con il Terzo Settore e se il rapporto è costruito nel tempo ed è solido, difficilmente l’azienda rinuncia: il lavoro continuativo che gli Enti del Terzo Settore dovranno fare nel prossimo futuro è dare gli strumenti ai donatori, o potenziali donatori, per poter capire che fine fanno le loro risorse, attraverso una comunicazione sempre più chiara e trasparente.
Le sfide per il futuro
Il calo dei donatori alle organizzazioni e del numero di volontari solleva una grande sfida per il Terzo Settore, che deve trovare nuovi modi per coinvolgere le persone e far comprendere l’importanza del dono e del volontariato, ma anche per far sentire i donatori compartecipi delle cause che sostengono.