Con un positivo anticipo rispetto agli scorsi anni, sono stati resi a maggio noti i dati ufficiali relativi ai beneficiari del 5×1000 per l’anno finanziario 2023. Il quadro è impressionante: 17.964.126 italiani hanno espresso la loro preferenza, segnando un incremento del 4,2% rispetto all’anno precedente, quando erano stati 17,25 milioni. Questo numero storico conferma quanto il 5×1000 sia ormai uno strumento di sussidiarietà fiscale ampiamente riconosciuto e valorizzato.
In termini economici, le firme raccolte portano a una stima di 574 milioni di euro destinati dagli italiani. Tuttavia, la normativa vigente prevede un tetto di spesa di 525 milioni di euro, rimasto invariato dal 2021 e questo genera uno “sforamento” di circa 49 milioni, trattenuti dallo Stato per restare entro i limiti previsti. Traduciamo: nonostante la grande generosità dei contribuenti, una quota significativa delle loro scelte non si traduce in risorse effettivamente distribuite agli enti beneficiari.
L’elenco delle organizzazioni ammesse include infatti 91.012 soggetti, in aumento rispetto agli 80.838 dell’anno precedente; tra questi, 68.452 ETS e Onlus, 13.825 associazioni sportive dilettantistiche, 467 enti per la ricerca scientifica, 107 istituti per la ricerca sanitaria, oltre a 228 enti per beni culturali e paesaggistici, 24 aree protette e 7.909 Comuni.
Fonte: Vita.it
Ma come vengono ripartiti i fondi disponibili (525 M€)?
- Terzo Settore e Onlus: 330,8 milioni
- Ricerca sanitaria: 86 milioni
- Ricerca scientifica: 69 milioni
- Associazioni sportive: 18,1 milioni
- Comuni: 15,3 milioni
- Tutela beni culturali e paesaggistici: 3 milioni
- Aree protette: 0,67 milioni
Il paradosso: più firme, meno risorse…ma non per tutti
Nonostante l’incremento delle adesioni, molte organizzazioni hanno ricevuto un contributo inferiore a quello dell’anno precedente. Questo fenomeno – il paradosso “più firme, meno soldi” – deriva proprio dal meccanismo di ricalcolo imposto dal tetto: se le preferenze aumentano ma il fondo è limitato, il valore medio per firma si riduce. Secondo Vita.it, tra i primi 25 enti, 12 hanno registrato un calo nel valore erogato nonostante un aumento delle firme. Il tetto limita l’impatto effettivo della misura: dallo Stato vengono trattenuti tra i 49 e i 50 milioni di euro, cifra che da anni oscilla tra i 28 e gli 81 milioni accumulati tra il 2017 e il 2023.
Una prima criticità che emerge dal mantenimento del tetto massimo di 525 milioni di euro (soglia rimasta stabile dal 2021) è il rischio di indebolimento dell’efficacia stessa dello strumento. Se da un lato la partecipazione aumenta, dall’altro la quantità di fondi destinata ad ogni organizzazione tende a diminuire per via del meccanismo di ricalcolo imposto dal tetto. Il risultato? Molte realtà che hanno fatto registrare performance migliori, in termini di firme, si ritrovano a ricevere meno. È un paradosso che pesa sulla fiducia nei confronti del sistema e produce un malessere diffuso.
A questo si aggiunge un fabbisogno ormai impellente di trasparenza riguardo a quei fondi che, pur generati dalle preferenze dei contribuenti, vengono trattenuti dallo Stato. È normale che i cittadini chiedano di sapere dove vanno quei quasi 50 milioni di euro non distribuiti: perché non sono messi in campo? Che uso se ne fa? Chiarire questo passaggio non è un esercizio di burocrazia, ma un atto di rispetto verso chi ha scelto di sostenere con fiducia il Terzo Settore.
Un indicatore strategico per il Non Profit
Il 5×1000 non è più solo una voce di bilancio: è un termometro della fiducia cittadina, un indicatore della capacità di ingaggio e della trasparenza comunicativa degli enti. La crescita record delle firme dimostra che chi riesce a narrare con efficacia la propria missione conquista spazio nel cuore della comunità. Diventa quindi fondamentale considerare:
- Fiducia e reputazione: le organizzazioni che comunicano con chiarezza ottengono maggior sostegno.
- Engagement continuo: non basta una call annuale: serve relazione costante e curata tutto l’anno.
- Storytelling d’impatto: rendicontare risultati e cambiamenti generati è un asset strategico, non un accessorio.
Per valorizzare in modo strategico il 5×1000 all’interno della pianificazione delle campagna di fundraising, come Terzofilo pensiamo sia indispensabile avviare un’analisi strutturata dei propri dati: non basta guardare al singolo anno, ma è cruciale confrontare trend e benchmark per identificare punti di forza, aree di miglioramento e andamenti ricorrenti.
In secondo luogo, il momento successivo alla pubblicazione dei risultati è ideale per rafforzare identità e community, ossia riflettere sulla visione, sul linguaggio utilizzato e sui valori che l’ente non profit comunica. Un’attività non occasionale, ma continuativa. Da qui si passa a una comunicazione strategica, in cui l’impatto dell’ente diventa narrativo: storie, testimonianze, report visibili e coinvolgenti, inseriti in modo organico nel piano di comunicazione.
In conclusione
Il record di quasi 18 milioni di firme e il rialzo delle risorse destinate dagli italiani sono segnali forti: la fiducia nel Terzo Settore cresce, come cresce la consapevolezza dell’importanza del supporto civico. Tuttavia, l’attuale sistema – con il suo tetto rigido – limita l’impatto reale, penalizzando chi lavora sul campo.
Per Terzofilo e per l’intero ecosistema Non Profit, questo momento offre una doppia opportunità: da un lato migliorare la propria capacità di raccontarsi e ingaggiare la comunità; dall’altro contribuire a orientare la misura verso maggiore equità e coerenza con la volontà dei cittadini.
Se anche la tua organizzazione vuole lavorare in modo strategico e accurato alla campagna 5×1000: scrivici subito
