Ce lo state chiedendo in tanti in questi giorni in cui il calendario ci ricorda che è tempo di preparare le campagne dei ‘per mille’.

Ce lo stanno chiedendo soprattutto coloro che lavorano per o all’interno di associazioni culturali, interessate a capire che fine ha fatto quel  2×1000 a loro dedicato nel 2016 e nel 2021. Una misura a nostra avviso molto importante per le oltre 57 mila istituzioni non profit attive prevalentemente nel settore delle attività culturali e artistiche, che faticano oggi a realizzare le proprie attività a causa delle sempre più risicate risorse messe a disposizioni dai Comuni e dagli enti locali, alle prese con sempre maggiori difficoltà di bilancio che ben conosciamo.

Nella nuova legge di Bilancio non si trova traccia tuttavia di questo importante strumento di sussidiarietà fiscale, la cui reintroduzione e stabilizzazione nel lungo periodo era stata prospettata nel programma elettorale di Fratelli d’Italia e richiamata più volte negli interventi a fine 2022 anche da Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera.

Ma vediamo meglio di cosa si tratta

Il 2 per mille è un ulteriore strumento di sussidiarietà fiscale da affiancare all’8×1000 destinato alle Confessioni religiose e allo Stato (introdotto nel 1985), al 5×1000 alle Organizzazioni Non Profit ed alla Ricerca (introdotto nel 2006, su iniziativa dell’allora Ministro nonché Vice Presidente del Consiglio Giulio Tremonti), ed al 2×1000 ai Partiti Politici (introdotto nel 2014).

Introdotto in via sperimentale nel 2016 e poi riproposto nel 2021, è riservato alle sole associazioni culturali che esistano da più di 5 anni e abbiamo la cultura nella propria missione.

Nelle due precedenti annualità in cui è stato attivato (2016 e 2021), il 2X1000 ha coinvolto oltre 3.000 realtà che avrebbero potuto certamente diventare di più di quelle oggi presenti nell’elenco dei beneficiari, migliorando – come richiesto più volte anche da ASSIF – la conoscenza dello strumento e le tempistiche con cui viene data la possibilità di iscriversi alle liste dei beneficiari.

Con i colleghi dell’Associazione Italiana Fundraiser abbiamo lanciato più di un appello affinché questo strumento potesse essere confermato e fatto conoscere meglio con una campagna di informazione e promozione adeguata, affinché non restasse uno strumento di modestissima portata e affinché potesse essere più conosciuto ai cittadini italiani che fanno la dichiarazione dei redditi, oltre che ai soggetti coinvolti in questo tipo di decisioni, quali dottori commercialisti e CAF.

Come fundraiser auspicavamo che – all’interno di un ripensamento strategico su come lo Stato possa sostenere l’associazionismo culturale e le sue attività – la misura del 2×1000 potesse essere non solo reintrodotta quest’anno, ma ancora meglio resa stabile, mettendo fine alla saltuarietà che ha caratterizzato lo strumento sino ad oggi e che ha impedito di evidenziare a pieno le caratteristiche di un settore assolutamente ancora poco censito e poco conosciuto anche da parte dello stesso MIC.

Verificando i risultati ottenuti in questi anni affiancando le organizzazioni del settore nel migliorare le proprie strategie di sostenibilità, come consulenti di fundraising abbiamo avuto la prova concreta che il 2×1000 sarebbe in grado di intercettare l’interesse di un numero crescente di cittadini-contribuenti che beneficiano delle tante attività realizzate dalle associazioni culturali: attività fondamentali – come abbiamo potuto ben comprendere nei mesi delle prolungate chiusure imposte dalla emergenza sanitaria – che vanno dalla protezione e valorizzazione del nostro patrimonio culturale, alla conoscenza della musica dal vivo, del teatro e più in generale delle arti performative, fino alla promozione delle tradizioni locali.

Attività realizzate da vere e proprie imprese culturali e creative, sfuggite fino ad oggi ad una misurazione economica puntuale, ma che certamente producono occupazione qualificata, anche se troppo spesso purtroppo precaria come ben ha rilevato l’ultimo Rapporto di Federculture 2022.

Attività che portano benefici in termine di valorizzazione, attrattività dei nostri territori e rafforzamento dell’identità territoriale; che impattano sul benessere delle nostre comunità, sulla socialità, su inclusione e coesione sociale, che danno risposte alle tante nuove situazioni di povertà educativa, di emarginazione, alla necessità di dialogo tra le generazioni, che contrastano abbandono scolastico e sono fattore preventivo di dipendenze da sostanze, ludopatie e bullismo.

Spiace pertanto oggi vedere che nelle bozze del nuovo modello per la dichiarazione dei redditi ci sia uno spazio vuoto  là dove c’è stato in passato il 2×1000 alla cultura.

Spiace anche vedere che da parte delle organizzazioni di secondo livello del settore culturale non ci sia stata una campagna forte che attirasse l’attenzione dei decisori politici sull’urgenza di reinserire per il 2023 questo strumento.

Reinserire la misura e riportare il tetto ai 100 milioni di euro previsti nella prima edizione avrebbero dato una opportunità concreta ai contribuenti italiani di poter esprimere il proprio sostegno ad organizzazioni non profit che contribuiscono alla crescita e al benessere delle nostre comunità.

Di seguito la bozza di modello 730 per l’anno 2023 che ad oggi è possibile scaricare dal sito dell’Agenzia delle Entrate

 

MM